Lo scorso 10 Novembre l'Associazione Occhio Blu ha assegnato il premio alla carriera allo scrittore albanese Ismail Kadare, recentemente scomparso. La professoressa Helena Kadare, sua coniuge, ha accettato il premio. Di seguito il discorso motivazionale, enunciato dall'ex ambasciatore Mario Bova:

Premio alla Carriera ad Ismail Kadare

Lo scorso 10 Novembre l’Associazione Occhio Blu ha assegnato il premio alla carriera allo scrittore albanese Ismail Kadare, recentemente scomparso. La professoressa Helena Kadare, sua coniuge, ha accettato il premio. Di seguito il discorso motivazionale, enunciato dall’ex ambasciatore Mario Bova:

 

“Ismail Kadare (Argirocastro, 1936) è considerato unanimemente lo scrittore più autorevole della letteratura albanese e tra i più profondi interpreti della contemporaneità europea e balcanica. Ancora giovanissimo, influenzato dalla lettura del Macbeth shakespeariano, fu attratto dalla scrittura che coltivò intensamente sin dall’adolescenza. Tra i più profondi conoscitori della tradizione letteraria classica, Kadare elaborò la sua arte letteraria lungo le tendenze vettoriali della letteratura modernista europea, che poté studiare a Mosca durante il biennio (1958-1961) trascorso presso l’Istituto M. Gorkij. Sviluppando un personale e inedito stile narrativo, in parte condizionato da un contesto politico-ideologico fortemente dominato dalla censura di Stato e in parte frutto del proprio genio artistico, Kadare ha offerto uno spaccato della complessa storia culturale del suo
Paese trasferendo sul piano letterario le principali componenti dell’ancestrale e ricco patrimonio antropologico di cui sono depositari gli Albanesi. Ne è risultata una avvincente visione, ancorata nel quadro odierno della generale cultura europea, che Kadare ha indicato giustamente come il naturale alveo in cui sono radicati i valori fondanti dell’identità culturale degli Albanesi. I suoi romanzi più celebri, non a caso, sono ispirati a miti, leggende e ballate che ―, noti sin dal medioevo ― trattano temi universali, quali il rapporto tra la vita e la morte, tra la libertà e il potere, tra la istintiva difesa della dimensione individuale e il tenace rifiuto dei vincoli sociali.

Nel corso della sua analisi Kadare era giunto alla conclusione che quella del popolo albanese non era una condizione isolata, e tanto meno un episodio circoscritto all’era contemporanea. A partire da questa sua profonda convinzione, Kadare si protese a ripercorrere le fasi più significative della storia del suo popolo, cogliendo in ognuna di esse quegli elementi simbolici che ― confluendo nella elaborazione di veri e propri “cicli” narrativi ― evidenziavano le antiche e profonde radici della cultura albanese e balcanica. La riuscita di questo programma letterario era dovuto, in gran parte, alla esperienza maturata durante la stesura de Il generale dell’armata morta, pubblicato sotto forma di novella nel 1962 e, dopo successive rivisitazioni, come romanzo a partire dal 1963. Sfruttando la notizia dell’arrivo in Albania di un generale italiano alla ricerca dei corpi dei soldati caduti durante il secondo conflitto mondiale, Kadare ebbe modo di approfondire il rapporto vita-morte, recuperando sul piano narrativo uno dei temi più noti e discussi nella grande letteratura mondiale, da Omero a Dante Alighieri, che insieme a Shakespeare, a Gogoľ, a Joyce e a Kafka eglie considerava i suoi principali ispiratori e interlocutori artistici. Ricostruire i percorsi macabri del generale e immaginarne i turbamenti scaturiti dal contatto con l’aldilà costituì per il giovane scrittore la prova più impegnativa che lo indusse, di lì a poco, a tentare nuove e più ardite sperimentazioni, non bene accolte dal regime. Ma per Kadare il dado era ormai tratto; e il percorso intrapreso con coraggiosa determinazione da Il generale dell’armata morta non si sarebbe più interrotto, grazie anche alla pubblicazione in francese del romanzo, che garantì all’autore una meritata fama mondiale e la sua rapida affermazione come scrittore di talento, più volte proposto all’ambito premio del Nobel per la letteratura. Un grande contributo a questa duplice consacrazione è stata la realizzazione del film omonimo (1983) ad opera del regista Luciano Tovoli, interpretato da Marcello Mastroianni e da Michel Piccoli. Il film è anche il migliore pretesto per introdurre il tema in discussione, e cioè i rapporti tra Kadare e il cinema, che non furono né occasionali né scontati.”